Manifesto del Nazionalismo Bianco:
Capitolo 5, Il Ripristino di Patrie Bianche

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Parte 6 di 16 (Parte 1 [2], Parte 5 [3], Partie 7 [4])

La sopravvivenza dei bianchi richiede la creazione o il ripristino di Patrie bianche. Questo richiede la separazione razziale. Eppure, persino i bianchi che accettano questo ragionamento ritengono che sarebbe impossibile o immorale creare delle Patrie bianche, dato che la creazione di un etnostato apparentemente richiede una “pulizia etnica”. I confini vanno ridisegnati e decine di milioni di persone devono fare i bagagli. Com’è possibile conseguire tutto questo senza tirannia, terrore e spargimento di sangue?

Se vogliamo preservare l’Europa, milioni di africani, mediorientali e immigrati sud o est-asiatici dovranno andarsene assieme a tutti i loro discendenti. Nelle nazioni coloniali a maggioranza bianca in Nord e Sud America e agli antipodi si dovrebbero adottare delle misure speciali per quel che resta delle popolazioni indigene e qualche territorio dovrebbe forse essere riservato ai discendenti degli schiavi non-bianchi. Tuttavia, i milioni di immigrati recenti e le loro famiglie dovranno essere rimpatriati.

Ma tutto questo è davvero realizzabile? E come può essere giustificato moralmente? Certo non aiutano a chiarire le cose i romanzi rivoluzionari di William Pierce e Harold Covington, che s’immaginano un’opera di pulizia etnica attraverso atti di terrorismo e genocidio.[1] [5]

Così, per persuadere la gente a costruire effettivamente degli entostati, i Nazionalisti bianchi devono affrontare quattro domande: è davvero possibile ripristinare delle Patrie bianche? Possiamo convivere con questa idea? È morale? Deve per forza essere terribile?

È possibile per milioni di non-bianchi lasciare le nazioni bianche? Il modo migliore per rispondere a questa domanda è attraverso un’altra domanda: è stato possibile per loro arrivare qua? Se è stato possibile per loro arrivare, sarà possibile per loro partire, portando con sé la propria progenie. Grazie alle moderne tecnologie, non è mai stato più facile permettere a milioni di persone di spostarsi. Inoltre, le persone sono sempre più prive di radici. La famiglia media oggi trasloca ogni pochi anni. La maggior parte dei non-bianchi si stanno spostando in ogni caso. Noi non vogliamo altro che il loro prossimo trasloco li porti fuori dalle nostre terre. In breve, esiste sicuramente un modo per decolonizzare le terre dei bianchi. Basta avere la volontà di farlo.

Per quanto riguarda la questione della volontà, i punti chiave sono due. Primo: possiamo convivere con l’idea di rimPatriare le popolazioni non-bianche? Possiamo accettare di decolonizzare le nostre terre? Questo può diventare parte della nostra vita quotidiana? Secondo: c’è la questione più specifica, se tutto questo sia morale.

La gente è costretta a spostarsi continuamente per motivi economici:

I bianchi sembrano dormire sonni tranquilli pur sapendo che milioni di persone sono costrette a traslocare per motivi economici, ossia per l’avidità di alcuni. I bianchi possono quindi imparare a convivere con l’idea di incoraggiare le persone a traslocare per un fine molto più nobile: la creazione di un mondo migliore in cui ogni popolo ha una sua Patria.

Poiché la maggior parte delle persone non ha nulla da ridire su un sistema che costringe la gente a spostarsi per motivi economici, un governo guidato dai Nazionalisti bianchi potrà volgere questi ragionamenti a nostro vantaggio. Non bisogna avere fretta. La prossima volta che una famiglia non bianca trasloca per ragioni economiche, faremo semplicemente in modo che essa si trasferisca al di fuori delle nostre terre.

Al di là di questo, i bianchi stanno già convivendo con una pulizia etnica dettata da motivazioni politiche. Solo che i bianchi ne sono le vittime e non i beneficiari. Per due generazioni o più, noi bianchi abbiamo subito una pulizia etnica di massa nelle nostre Patrie. Milioni di bianchi hanno cambiato casa, scuola e lavoro milioni di volte a causa della fine di quartieri, scuole e lavori razzialmente segregati e dell’influsso di milioni di immigrati non bianchi che hanno distrutto quartieri, scuole e posti di lavoro bianchi, costringendo le famiglie bianche a trasferirsi altrove in cerca di luoghi “migliori” (ossia bianchi) dove vivere e lavorare. Nonostante l’enorme costo umano e finanziario di questa pulizia etnica, i bianchi “ci convivono” abbastanza bene. Raramente irrompe nelle loro coscienze, per non dire nell’opinione pubblica, e quasi mai nel campo dell’azione e del cambiamento politico.

Credo quindi che i bianchi riuscirebbero a vivere con se stessi abbastanza serenamente, se dovessero imporre lo stesso processo di sostituzione demografica sui non-bianchi; e credo che anche i non-bianchi riuscirebbero a convivere con questa cosa.

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Da decenni, noi bianchi abbiamo trovato un modo per “convivere” con un sistema che non ci riserva alcun futuro come razza. A meno che l’attuale sistema politico, economico e culturale non venga radicalmente trasformato, noi bianchi diventeremo estinti in tutte le nostre Patrie, e rimpiazzati da non-bianchi. Stiamo subendo un lento processo di genocidio “a freddo”. Eppure riusciamo a “convivere” con questo, essenzialmente perché siamo narcotizzati e distratti dall’individualismo, dal carrierismo, dal consumismo, dall’edonismo, e quindi da un egoismo di fondo. E grazie al “politicamente corretto”, ci è stata inculcata la paura di provare a lamentarci del problema, per non dire di organizzarci e tentare di risolverlo.

In quanto Nazionalisti bianchi, dobbiamo rendere la nostra gente cosciente del fatto che essa non ha un futuro nell’attuale sistema. Questa coscienza renderà impossibile per i bianchi “convivere” con la continua perpetuazione di un genocidio ai loro danni. E allora cambieremo il sistema.

Per creare Patrie bianche dobbiamo creare un sistema che non riservi alcun futuro per i non-bianchi nelle nostre terre. In questo caso però “alcun futuro” non è una sorta di eufemismo mafioso o militaresco per il genocidio, dato che esistono Patrie per i non-bianchi in giro per il mondo e noi ci assicureremo che essi le raggiungano. E se i bianchi possono convivere con un sistema in cui non c’è futuro per loro, allora di certo i non-bianchi possono convivere con un sistema in cui hanno un futuro nelle proprie terre d’origine.

Alcuni potrebbero obiettare che il futuro sarà cupo per i non-bianchi nelle proprie terre natie. È evidente però che questa obiezione tralascia uno dei principi base dei sostenitori della diversità, ossia l’idea che i non-bianchi che vengono da noi arricchiscono le nostre società. Se i non-bianchi arricchiscono le nostre società, allora perché non dovrebbero arricchire anche le proprie? In realtà, i non-bianchi vengono nelle società bianche perché siamo noi ad arricchire loro. Noi offriamo loro vite migliori di quelle che possono avere nelle proprie terre d’origine.

Ma è ugualmente vero che gli immigrati non bianchi sono spesso superiori in termini di educazione, ambizione e operosità alle persone che lasciano in Patria. Possono spedire soldi a casa, ma la loro dipartita rimuove qualcosa di molto più importante: capitale umano. Le società non bianche non saranno mai in grado di assicurare un futuro dignitoso alla propria gente se la loro gente migliore parte per andare a colonizzare Paesi bianchi. Le terre non bianche si “svilupperanno”, per quanto è loro possibile, solo una volta che i Paesi bianchi avranno smesso di raccogliere la crema della loro popolazione.

Una delle cose belle del nazionalismo è che rende ogni popolo responsabile del proprio destino. Poiché noi bianchi siamo a rischio d’estinzione, abbiamo un dovere prima di tutto verso noi stessi. Quindi, anche se vogliamo il meglio per tutti i popoli, come se la cavano nelle loro terre natie non è in fondo un nostro problema.

La risposta più semplice alla domanda se possiamo “convivere” con il rimpatrio dei non-bianchi è che, come razza, non possiamo vivere senza di esso. Ma qui sorge l’interrogativo morale: il rimpatrio è la cosa giusta da fare?

Ho già stabilito che, all’interno dell’attuale sistema, i bianchi si estingueranno e che l’unica vera soluzione è la creazione di etnostati bianchi. Quindi, la rimozione non violenta delle popolazioni non bianche è semplicemente una questione di autodifesa dinnanzi a una minaccia mortale. E tutti riconoscono il diritto morale all’autodifesa, particolarmente nel caso di popoli a rischio di genocidio.

Il genocidio dei bianchi non è il prodotto di un improvviso scoppio di violenza, né sarà mai risolto in quel modo. Il genocidio dei bianchi è un processo che sta avvenendo nel corso di varie generazioni. I suoi architetti sapevano molto bene che il risultato ultimo sarebbe stato l’estinzione della razza bianca. Ma non erano interessati a un rapido e parossistico massacro, per quanto soddisfacente questo sarebbe stato da un punto di vista emotivo. Sapevano che è difficile mobilizzare la gente per uccidere, e che è anche rischioso, perché le vittime potrebbero contrattaccare e magari vincere, nel qual caso potrebbe essere il proprio popolo a essere sterminato come ritorsione.

Venne quindi concepito un processo di genocidio più lento e più sicuro. Queste persone sapevano che se fossero state messe in moto e mantenute nel tempo tendenze demografiche a danno dei bianchi (calo delle nascite, implosione della famiglia, meticciato, immigrazione non bianca, penetrazione di non-bianchi in aree residenziali bianche, etc.), allora il risultato a lungo termine sarebbe stato l’estinzione dei bianchi. Sapevano che ben pochi bianchi avrebbero preso coscienza di tutto questo, per non dire osato lanciare una controffensiva, fino a quando resistere sarebbe diventato vano.

Quando riprenderemo controllo delle nostre Patrie, noi bianchi dovremo adottare politiche egualmente lungimiranti. Dobbiamo mettere in moto e sostenere tendenze demografiche a favore dei bianchi. Il tempo farà il resto. Sul breve periodo, dobbiamo incrementare i tassi di natalità dei bianchi. Tuttavia, non vinceremo mai riproducendoci più dei non-bianchi, finché sul nostro pianeta ci sarà posto solo in piedi. Il problema non è che ci sono troppo pochi di noi, ma che ci sono troppi di loro nelle nostre terre.

Quindi, dobbiamo mettere in modo un processo di rimpatrio ben pianificato, ordinato e non violento. D’altronde non c’è fretta. I nostri nemici ci hanno messo generazioni a pianificare come eliminarci. Possiamo prenderci alcuni decenni per rettificare la situazione.

Per capire com’è possibile ripristinare Patrie bianche in maniera graduale, ordinata e umana, è necessario fare alcune distinzioni. Ci sono cittadini non bianchi e immigrati non bianchi. Questi ultimi comprendono sia immigrati in regola, sia clandestini.

Prima di tutto, dobbiamo occuparci dei clandestini. Cominceremo col chiudere i confini ai non-bianchi. Poi i clandestini non bianchi verranno semplicemente deportati. Il modo più economico è quello di spingerli ad auto-deportarsi, tagliando i loro posti di lavoro e sussidi.

Gli immigrati in regola sono qui con un permesso di soggiorno. Basterà non rinnovarlo, e quando il permesso scadrà, faremo in modo che essi se ne vadano.

Dovremo anche abolire lo jus soli e rendere questa abolizione retroattiva. Rispediremo a casa i figli dei non-cittadini assieme alle loro madri.[2] [8]

Ma anche se i non-bianchi non godranno più di diritti di cittadinanza (diritti civili) nei Paesi bianchi, rispetteremo ovviamente i loro diritti umani alla vita, alla proprietà e a un processo equo, così come facciamo con gli stranieri. Nei soli Stati Uniti, queste politiche ci libererebbero di decine di milioni di immigrati recenti entro pochi anni.

Quanto ai non-bianchi che sono cittadini, il ripristino della sovranità bianca richiede che essi non abbiano più alcun potere politico nelle nostre società. Tuttavia, godranno ancora dei diritti umani alla vita, alla proprietà, ad un processo equo, ecc., che ovviamente rispetteremo, così come i loro diritti a certi servizi statali, ad es. l’educazione, il welfare, le pensioni, etc.

Va riconosciuto che la principale minaccia demografica viene da non-bianchi in età di figliare, ed è su queste persone che ci dobbiamo concentrare. Di conseguenza, i non-bianchi di oltre 50 anni che sono cittadini produttivi e disciplinati non dovrebbero avere nulla da temere da noi. Dovrebbero essere in grado di lavorare, andare in pensione e vivere il resto delle loro vite godendo dei benefici che sono dovuti loro, con piena protezione dei diritti umani.

Tuttavia, un regime Nazionalista bianco farebbe anche in modo di promuovere la riunificazione familiare ai fini dell’emigrazione, per cui ai non-bianchi verrebbero dati incentivi per raggiungere i propri familiari nelle proprie terre, dove le loro pensioni probabilmente avrebbero un maggiore potere d’acquisto.

I cittadini non-bianchi si possono dividere in due gruppi: quelli che sono ligi alla legge e quelli che la trasgrediscono. I trasgressori dovrebbero venire imprigionati e rimessi in libertà fuori delle nostre Patrie. Dato che un alto numero di neri finisce nei guai con la legge, questa politica sarebbe sufficiente da sola a liberarci della presenza di milioni di neri entro pochi decenni.

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I non-bianchi ligi alla legge e in età di figliare si possono dividere a loro volta in due gruppi, le popolazioni industriose e socialmente in ascesa (ad es., gli ebrei e le persone del Sud-Est asiatico e dell’Estremo Oriente), e le popolazioni indolenti, che dipendono da sussidi sociali (principalmente i neri e i mestizos). Le popolazioni del secondo tipo cresceranno enormemente una volta che portiamo fine alla discriminazione positiva e all’occupazione improduttiva. Sarebbe più economico fornire a questa gente un sussidio a vita, purché lo ricevano nelle proprie terre, piuttosto che permettere loro di rovinare l’intero sistema facendo finta di lavorare.

Quanto ai non-bianchi energici e in ascesa sociale, come la maggior parte della gente moderna, essi si muovono spesso. Non faremo altro che assicurarci che il loro prossimo trasloco li porterà fuori delle nostre terre. Quando saranno in età universitaria, verranno spediti a studiare all’estero, e sarà quindi naturale per loro cercare là lavoro.

Queste politiche ripristinerebbero delle Patrie bianche entro pochi decenni attraverso un processo ordinato, umano e rispettoso dei diritti umani di tutti quelli coinvolti.

Per sostenere un processo di ripristino di Patrie bianche graduale e umano, i Nazionalisti bianchi ovviamente dovranno non solo conseguire il potere politico, ma conservarlo. Alla gente sarà permesso di votare praticamente per qualsiasi cosa ma non per la degradazione e distruzione della razza bianca.

In aggiunta, dobbiamo creare una costellazione di gruppi d’interesse che traggano profitto dal rimpatrio (ditte di traslochi, ad esempio). Inoltre, quelle industrie danneggiate dal processo dovranno essere cooptate, divise, o neutralizzate come potenziali fonti di opposizione. Ad esempio, quelle industrie che perdono introiti a causa della perdita di mano d’opera a basso costo dovranno ricevere protezioni tariffarie, un sostegno dei prezzi, e salvataggi – qualsiasi cosa serva a zittirle.

Un’altra considerazione importante è che il rimpatrio non deve necessariamente prendere la forma di un vasto progetto statale. Non si deve far altro che promuovere l’emigrazione dei non-bianchi attraverso programmi statali esistenti, istituzioni private e tendenze sociali. La maggior parte dei non-bianchi non sono stati portati qua da programmi statali. Hanno portato se stessi qua a causa di incentivi pubblici e privati. Una volta cambiati questi incentivi, molti non-bianchi non faranno altro che auto-deportarsi.

Per come funziona l’economia moderna, la maggior parte dei non-bianchi in ogni caso si muove parecchio. Non dobbiamo far altro che aspettare fino al loro prossimo trasloco e poi assicurarci che questo avvenga verso un Paese non-bianco.

Per via della loro indolenza, inidoneità al lavoro e criminalità, molti non-bianchi sono già costretti dal governo a vivere in certe zone. La prossima volta che cadono nelle maglie del sistema, esso non farà altro che depositarli in una terra non bianca.

A molti bianchi non piace l’idea di dover spostare dei non-bianchi che hanno messo “radici” nelle nostre terre. Ma i non-bianchi hanno radici plurimillenarie nelle proprie terre. Eppure, in qualche maniera, sono riusciti a trasferirsi da noi. Quindi, se a queste persone non importavano le radici che avevano , perché a noi dovrebbe importare delle “radici” che hanno qua? E se ci importa delle deboli radici che hanno qua, non ci dovrebbe importare ancora di più delle nostre radici profonde?

Forse la tecnica di manipolazione emozionale più sfrontata che viene utilizzata per contrastare il controllo dell’immigrazione è quella di affermare che il rimpatrio è una cattiva cosa perché “divide le famiglie”. Ma anche l’immigrazione spacca le famiglie, quindi se spaccare le famiglie è una cattiva cosa, allora anche l’immigrazione lo è. La smetteremo di spaccare le famiglie non-bianche portando fine all’immigrazione.

Altrettanto sfacciato è invocare l’idea di unificazione familiare solo a sostegno dell’immigrazione a catena. Dopo tutto, questo può essere egualmente un argomento a sostegno del rimpatrio a catena. Se la riunificazione familiare è un obiettivo legittimo della politica immigratoria, allora dobbiamo incoraggiare gli immigrati a ritornare al calore delle loro famiglie nella propria madrepatria.

Uno degli argomenti più comuni per giustificare la noncuranza di fronte al declino demografico è che il disastro avverrà quando noi saremo già morti da un pezzo. L’estinzione dei bianchi non avrà luogo nell’arco di vita di alcuna persona oggi al mondo, però nell’arco di vita di molti tra i miei lettori i bianchi diventeranno una minoranza in molti Paesi. Se infatti consideriamo unità più piccole – Stati, contee, paesi, quartieri, e scuole – i bianchi si stanno riducendo allo stato di minoranza ogni giorno che passa. Certamente, nel caso delle generazioni più anziane, come i “Baby Boomers”, il peggio accadrà parecchio tempo dopo che saranno scomparsi. Quindi, anche se queste persone spesso sostengono l’ambientalismo, la conservazione della natura, la preservazione dei beni culturali e altre cause mirate al bene delle generazioni future, lasciano che siano le generazioni future a occuparsi del declino demografico.

I Nazionalisti bianchi devono ovviamente combattere questa forma rozza e in genere altamente selettiva di egocentrismo. Ma quando non possiamo cambiare questo atteggiamento, possiamo girarlo a nostro vantaggio. Se alcune persone, ad esempio, non si curano dello spostamento demografico perché accadrà dopo che saranno morte, perché dovrebbero curarsi dei nostri piani per una restaurazione demografica a favore dei bianchi, dato che avverrà lentamente, nel corso di vari decenni, e si compirà solo molto dopo che esse saranno morte? Se alcune persone non vogliono combattere contro la distopia anti-bianca che ci attende perché non vivranno abbastanza a lungo da vederla, allora perché dovrebbero combattere contro la spaventosa distopia di una terra senza kebab che i Nazionalisti bianchi hanno in mente, dato che essa si compirà in un lontano futuro, molto dopo che l’ultimo Boomer sarà stato sepolto?

E se una nazione bianca decidesse di implementare un processo di rimpatrio graduale, pacifico e umano, ma i non-bianchi dovessero rispondere con la violenza? Questo non farebbe altro che darci un’opportunità per guadagnare il consenso per forme di rimpatrio più rapide e coercitive. Il problema essenziale per il Nazionalismo bianco è quello di trovare un modo di conciliare le necessità imposte dalla sopravvivenza dei bianchi con la coscienziosità altamente evoluta, o persino morbosa, della nostra gente. Ma in fin dei conti, il rifiuto di soluzioni eque e ragionevoli renderebbe più semplice mobilitare la nostra gente.

Anche se il ripristino di Patrie bianche potrebbe richiedere un paio di generazioni, vi saranno immediati benefici psicologici per i bianchi, una volta che la nostra razza si sarà di nuovo assicurata un futuro. Ci saranno meno alienazione e depressione – meno perdenti, alcolizzati, drogati e suicidi. Più bianchi metteranno su famiglia, figlieranno, si laureeranno, intraprenderanno attività commerciali e contribuiranno alla società. Una volta che ripristiniamo la speranza per il nostro futuro, la nostra gente inizierà a vivere come se l’etnostato esistesse già. Quelli che combattono per un modo migliore iniziano a viverlo già nel presente.

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Note a piè di pagina

[1] [12] Cf. ad es. William L. Pierce (sotto lo pseudonimo di Andrew MacDonald), The Turner Diaries, seconda ed. (Hillsboro, W.V., National Vanguard Books, 1999) e H. A. Covington, The Brigade (Philadelphia: Xlibris, 2008).

[2] [13] Il termine inglese è “anchor babies” (letteralmente, “bebè ancora”) e indica i figli di donne che si recano negli USA per partorire, in modo che i loro figli possano avere la cittadinanza americana (secondo lo jus soli). [n.d.T.]