Manifesto del Nazionalismo Bianco:
Capitolo 4, Nel breve periodo

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Parte 5 di 16 (Parte 1 [2], Parte 4 [3], Parte 6 [4])

Se le attuali tendenze demografiche non vengono fermate e invertite dal Nazionalismo bianco, la razza bianca si estinguerà, prima o poi, nel lungo periodo.

Ma qui sorge un problema: è difficile giustificare l’introduzione di cambiamenti politici fondamentali nell’immediato presente per prevenire catastrofi che non avverranno se non in un lontano futuro. Un simile programma è allettante solamente per quella piccola percentuale di persone che hanno la lungimiranza di pensare al lontano futuro e l’altruismo richiesto per volerlo rendere migliore, anche se non potranno giovarne personalmente.

Ma la maggioranza delle persone sono egoiste e poco lungimiranti. Ragionano a breve termine e hanno uno scarsissimo senso di responsabilità, anche rispetto ai propri figli.

La loro risposta standard a problemi come l’estinzione dei bianchi è “non succederà mai nell’arco della mia vita, quindi non me ne devo preoccupare.”

Tuttavia, ci può consolare il fatto che il movimento ecologista sta fronteggiando esattamente lo stesso problema, ma sta riscuotendo un enorme successo. Inoltre, sono spesso piccoli gruppi di persone idealiste e altruiste a fare la Storia, magari esortando gli altri a ignorare i propri interessi a breve termine in vista di benefici maggiori a lungo termine.

Anzi, si potrebbe dire che sono solo queste élite a fare la Storia. Dopotutto, è facile avere la meglio su persone poco lungimiranti ed egoiste. Il gioco lungo batte quello corto, anche nel breve periodo, e gli idealisti disposti a sacrificarsi hanno un netto vantaggio sui codardi e gli egoisti a parità di altre condizioni.

Ma anche i movimenti più idealistici devono trovare modi di coinvolgere le masse, appellandosi a interessi a breve termine. Per fortuna, la diversità sarà causa di grande rovina nei Paesi bianchi prima che la nostra razza raggiunga l’estinzione. Così i Nazionalisti bianchi possono fare appello sia alla minaccia a lungo termine del genocidio dei bianchi, sia alle conseguenze a breve termine dell’aumento della diversità.

Inoltre, la nostra gente non ha davvero bisogno di immaginarsi le conseguenze della trasformazione di bianchi in una minoranza, perché in innumerevoli città, cittadine e regioni questo è già successo. Non serve una macchina del tempo per visitare un futuro a maggioranza non-bianca: basta semplicemente un biglietto aereo per Detroit o Los Angeles o Londra, dove il futuro che ci attende è già arrivato.

Questo rende il nostro compito educativo molto più facile. Possiamo semplicemente mostrare alla nostra gente l’illegalità, la corruzione, la discriminazione contro i bianchi, l’alienazione, il collasso dei servizi pubblici, il pendolarismo da incubo, il degrado urbano, le opportunità limitate e la disperazione dilagante che accompagnano la sostituzione demografica dei bianchi.

E queste sono solo isole di degrado all’interno di Paesi del primo mondo a maggioranza bianca. Per capire davvero come sarà la vita una volta che i bianchi saranno diventati una minoranza odiata e impotente all’interno di un Paese del terzo mondo a maggioranza non-bianca, basta guardare al destino dei bianchi in Rodesia e Sud Africa.

L’idea che il nostro futuro sarà come quello delle minoranze bianche dell’America Latina è del tutto illusoria, visto che queste società si basano essenzialmente sul suprematismo bianco, e se i bianchi in Europa e in America del Nord avessero un simile atteggiamento, oggi non starebbero subendo una sostituzione razziale.

Il metodo più persuasivo per fare appello agli interessi a breve termine è quello di enfatizzare le sistematiche discriminazioni contro i bianchi nell’attuale sistema. Nel gioco del multiculturalismo, i bianchi non possono che perdere.

Immaginatevi la politica multiculturale come una partita di poker. Ogni gruppo etnico ha un posto al tavolo e un certo numero di fiche, che rappresentano la sua ricchezza e il suo potere collettivo. I bianchi al momento hanno il gruzzolo maggiore. Ma ogni gruppo può giocare un jolly, “la carta razziale”, tranne i bianchi. Non importa quanto grande possa essere il nostro vantaggio iniziale: se giochiamo secondo le regole, non possiamo che perdere.

Un altro modo di intendere questo problema è in base al contrasto tra individualismo e collettivismo. Noi bianchi non possiamo giocare la carta razziale perché siamo individualisti. Agiamo in qualità di individui. Crediamo di dover conseguire il successo o fallire in virtù del nostro merito individuale, non della nostra appartenenza a un gruppo. Crediamo inoltre di dover trattare gli altri come individui, non come membri di un gruppo. Francamente, siamo terrorizzati dall’idea che qualcuno ci possa dare del “razzista”.

I non-bianchi, tuttavia, giocano secondo regole diverse. Quando giocano la carta razziale, questo significa semplicemente che stanno lavorando come una squadra. Se richiedono agli individualisti di riservare loro un trattamento equo in qualsiasi transazione, gli individualisti li assecondano. Così, se i non-bianchi offriranno il prodotto migliore, il prezzo più basso, o il candidato più meritevole, gli individualisti li premieranno.

Ma quando la situazione viene invertita ed è un individualista a offrire il prodotto, prezzo o candidato migliore a un non-bianco, questi darà la preferenza ai membri della propria tribù ogniqualvolta è possibile, a prescindere dal merito o anche dagli interessi a breve termine. Questo perché ragiona in base al principio di massimizzare il potere collettivo della propria tribù, un obiettivo che ai suoi occhi è sufficiente a bilanciare gli inconvenienti che può comportare, ad esempio, l’assunzione di un cugino non proprio competente.

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Certamente, il tribalista non-bianco fingerà che la sua decisione sia solo una questione di meritocrazia, perché se desse apertamente prova di preferenze tribali, anche gli individualisti potrebbero prima o poi reagire. Le tribù non-bianche pretendono che le trattiamo come individui. Fingono di contraccambiare. Ma mentre noi pratichiamo l’individualismo, loro praticano il tribalismo. In breve, ci stanno truffando. Sulla base della teoria dei giochi, si può prevedere che fino a quando i bianchi giocheranno come individualisti e i non-bianchi come tribù, saremo noi a perdere. Ma gli individualisti ci stanno mettendo un po’ a capire l’inghippo, perché sono ciechi di fronte ai gruppi.

La strategia tribale si può anche paragonare al parassitismo. Una tribù parassita non è parte del più ampio corpo sociale. Piuttosto, è una comunità distinta che vive all’interno di una comunità più grande, una popolazione ospitante che la tribù parassita vessa a proprio vantaggio.

Fintantoché noi bianchi continueremo a giocare questa partita truccata, continueremo a perdere, consegnando la nostra ricchezza, il nostro potere, le nostre terre natie, e quel poco di controllo che ci rimane sul nostro destino alle tribù non-bianche. L’alternativa è rovesciare il tavolo con un calcio e rifiutarsi di giocare una partita truccata a nostro svantaggio.

Come? Ci sono solo due possibili soluzioni.

In primo luogo, possiamo in qualche modo convertire i tribalisti non-bianchi in individualisti. Ma questo non succederà mai, per due ragioni: l’attuale sistema è vantaggioso per i tribalisti, quindi perché mai dovrebbero scartare una strategia vincente? Perché dovrebbero voler adottare un codice morale che li renderebbe vulnerabili allo stesso tipo di sfruttamento da parte di un’altra tribù non-bianca? Perché dovrebbero voler diventare dei perdenti come noi? La seconda ragione è che le società bianche hanno rinunciato persino a provare ad assimilare gli immigrati non-bianchi da quando hanno abbracciato il multiculturalismo e l’apertura dei confini.

In secondo luogo, i bianchi possono adottare una strategia tribale. Una società individualista inevitabilmente crollerà se viene attaccata da tribù parassitarie. Per proteggersi, gli individualisti devono concepirsi come un gruppo, con interessi particolari che sono in conflitto con quelli di altri gruppi che vivono secondo codici diversi. In questo conflitto, i bianchi devono schierarsi con la propria gente. Anche se concepiamo la politica identitaria bianca come un semplice espediente temporaneo per ristabilire una forma di società meritocratica e individualista, dobbiamo rimuovere le tribù parassitarie dalle nostre società e assicurarci che nessuna nuova tribù vi possa accedere e per fare questo dobbiamo sbarazzarci dell’attuale tabù sulle politiche identitarie per i bianchi.

Questo ci porta al problema dei conservatori: essi non conservano nulla. Sul lungo periodo, i Nazionalisti bianchi dovranno convertire persone lungo tutto lo spettro politico: sinistra, destra, e centro. Ma sul breve periodo, il nostro elettorato naturale sono le persone di destra, quelle che continuano a votare per partiti conservatori. Se dividiamo gli elettori a seconda della loro appartenenza razziale, i partiti di centro-destra in ogni Paese bianco stanno diventando sempre più i partiti dei bianchi indigeni. Sono implicitamente i partiti della politica identitaria bianca, ma i loro leader sono assolutamente contrari al manifestare questa cosa esplicitamente, figuriamoci a promuoverla.

La sinistra ha capeggiato le politiche per l’apertura dei confini e per l’immigrazione volta alla sostituzione razziale, e riceve la maggioranza dei voti non-bianchi. Ad esempio, nelle elezioni presidenziali americane del 2016, Hillary Clinton ottenne l’88% dei voti tra i neri, il 69% dei voti tra gli asiatici, e il 66% dei voti tra gli ispanici – e si trattava di un candidato particolarmente debole. Inoltre, la sinistra non fa mistero del fatto che mira a creare una nuova maggioranza non-bianca: i bianchi votano regolarmente per i partiti conservatori; una volta che i bianchi saranno diventati una minoranza, sarà impossibile per i partiti conservatori essere eletti e i valori di sinistra trionferanno.[1] [7] Città dopo città, distretto dopo distretto, Stato dopo Stato negli USA, la crescente marea di colore sta affogando il conservatorismo, creando uno Stato a partito unico di sinistra. Lo stesso destino attende i Paesi bianchi in tutto il mondo, a meno che non riescano a fermare l’immigrazione non-bianca.

La risposta dei conservatori mainstream a questo piano esplicito di sommergere demograficamente e quindi neutralizzare il loro elettorato è un guazzabuglio di delusione, vigliaccheria e tradimento.

Primo: i conservatori mainstream non corrono mai alla difesa del proprio elettorato, perché difendere dei bianchi contro dei non-bianchi sarebbe una forma di “razzismo” e di “identitarismo bianco”. I conservatori sono felici di assecondare e persino di favorire l’identitarismo non-bianco, nonostante sappiano che sarà quasi esclusivamente la sinistra a beneficiarne (una barzelletta ormai vecchia in America è che il solo nero ad un evento del Partito Repubblicano è il relatore principale). Ma gli stessi conservatori sono assolutamente impegnati a mantenere il tabù contro qualsivoglia appello alla razza, anche se solo la politica identitaria bianca potrebbe salvarli.

Secondo: per sfuggire all’accusa di identitarismo, i conservatori insistono che il loro obiettivo non è quello di conservare un popolo particolare – gli americani, i tedeschi, etc. – quanto piuttosto di promuovere una lista di valori astratti. Questi valori, inoltre, sarebbero universalmente validi, il che significa che persone appartenenti ad altre razze e nazioni dovrebbero esserne attratte in egual misura. Ne segue l’assurda conclusione che se gli americani venissero interamente rimpiazzati da messicani, questo costituirebbe un trionfo per il conservatorismo, purché la nuova nazione abbronzata professasse di credere nel “Sueño americano.”

È facile capire perché la sinistra promuova il tabù contro la politica identitaria bianca: quelli di sinistra sanno che è l’unica cosa che può salvare i bianchi dalla sostituzione demografica. È invece difficile capire perché la destra si attacchi allo stesso tabù. Un tempo pensavo che i conservatori fossero gente senza principi. Ma mi sbagliavo. Sono felici di seguire il tabù contro la politica identitaria bianca, incuranti del prezzo da pagare. Purtroppo, questa regola è stata truccata dai loro nemici al fine di annientarli.

La stupidità suicida del conservatorismo mainstream offre ai Nazionalisti bianchi un’enorme opportunità di fare appello agli interessi a breve termine di un alto numero di bianchi.

Il nostro messaggio è semplice: se noi bianchi diventiamo una minoranza nelle nostre terre natie, sarà impossibile per i conservatori vincere le elezioni. Ergo, sarà impossibile implementare politiche conservatrici. Ergo, le cose che i conservatori amano spariranno. Negli Stati Uniti queste sono: un governo costituzionale limitato, responsabilità fiscale, imprenditoria privata, libertà di parola, libertà religiosa, il diritto di detenere armi da fuoco, ecc. Questi valori sono già abbastanza precari nei Paesi bianchi, ma nei Paesi non-bianchi sono inesistenti. Per preservare questi valori, oggi abbiamo bisogno della politica identitaria bianca.

I progressisti bianchi hanno preso l’iniziativa di promuovere l’espropriazione dei bianchi, e quindi si opporranno alla politica identitaria bianca. Ma prima o poi anche loro si sveglieranno. La strategia progressista è quella di sconfiggere i conservatori rimpiazzandoli con immigrati non-bianchi che voteranno per la sinistra. I progressisti ritengono che una volta che il rimpiazzamento demografico dei bianchi avrà creato una maggioranza progressiva permanente, essi potranno garantire una volta per tutte la tolleranza religiosa, i diritti delle donne, la legalizzazione delle droghe, il diritto all’aborto, i diritti gay, la sanità gratuita, i finanziamenti per le arti, l’ambientalismo, il cibo bio, i diritti animali, la viabilità pedonale, ecc.

Ma nessuno di questi valori spicca nell’America Latina, in Africa, in India o nel mondo musulmano, che sono le fonti primarie per l’immigrazione volta alla sostituzione razziale. Credono davvero, i progressisti bianchi, di poter dettare per sempre le politiche di questa gente, anche una volta che i non-bianchi saranno diventati la maggioranza? È una supposizione quantomeno discutibile. Anzi, suona come una forma inconscia di suprematismo bianco.

Perché una maggioranza non-bianca in crescita dovrebbe continuare a sostenere i valori dei progressisti bianchi, che hanno completamente svenduto le proprie società? Non è più probabile che la nuova maggioranza finirebbe col disprezzare i progressisti bianchi e cercherebbe di plasmare quelle che un tempo erano nazioni bianche a immagine delle proprie terre natie, dove molti valori progressisti non trovano posto? Se è così, allora, le cose che i progressisti amano spariranno assieme alla maggioranza bianca. Una sinistra con una coscienza razziale non è un qualcosa di impossibile.[2] [8] Lo sappiamo perché in passato è già esistita. Ad esempio, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Nuova Zelanda, l’immigrazione asiatica fu promossa dai capitalisti, mentre una legislazione escludente gli asiatici fu promossa dal movimento laburista.

La chiave per persuadere i bianchi conservatori – e prima o poi anche i bianchi progressisti – è di convincerli del fatto che le cose che hanno a cuore non sono universali, ma proprie dei bianchi. Non avremo mai un capitalismo all’americana o uno Stato sociale alla scandinava, se le persone che hanno creato questi sistemi vengono rimpiazzati da invasori non-bianchi. Tutta la politica bianca – sia di destra che di sinistra – in fondo coincide con la politica identitaria bianca.

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Note a piè di pagina

[1] [10] Tom Whitehead, “Labour Wanted Mass Immigration to Make UK More Multicultural, Says Former Adviser [11],” The Telegraph, ottobre 23, 2009.

[2] [12] V. gli articoli taggati “racially conscious Left [13]” sul sito di Counter-Currents.