Manifesto del Nazionalismo Bianco:
Capitolo 10, Omogeneità

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Parte 11 di 16 (Parte 1 [2], Parte 10 [3], Parte 12 [4])

I nazionalisti bianchi ritengono che la forma migliore di società sia l’etnostato sovrano razzialmente ed etnicamente omogeneo. Ma l’omogeneità è davvero possibile? In soldoni, sì. Ci occuperemo prima dell’omogeneità razziale e poi di quella etnica.

Sappiamo che l’omogeneità è possibile perché fino a pochi decenni fa praticamente tutta l’Europa era omogenea. Anzi, tutt’oggi parti significative ma in via di diminuzione dell’Europa e delle società della diaspora bianca – intere cittadine e regioni – non ospitano alcun non-bianco. Quindi è perfettamente possibile che entro qualche decennio, se spostiamo i confini e le popolazioni, saremo in grado di creare Patrie razzialmente omogenee per tutti i popoli europei.

Possiamo però pensare ad alcune eccezioni alla completa omogeneità razziale.

Primo: nelle società bianche coloniali ci potrebbero essere delle popolazioni superstiti di aborigeni non-bianchi che sono troppo piccole e isolate per costituire etnostati indipendenti e sovrani. Si potrebbero quindi creare delle riserve etniche non sovrane ma con il maggior grado di autonomia possibile per permettere a questa gente di vivere come preferisce. Va notato però che non ci sono popolazioni aborigene non bianche in Europa, quindi nessun compromesso di questo tipo sarà necessario nel Vecchio Mondo.

Secondo: gli entnostati sicuramente continueranno a intrattenere relazioni commerciali e diplomatiche con almeno alcune società non bianche, il che vorrà dire avere sia visitatori non bianchi – ad esempio, turisti e persone in viaggio per lavoro – e residenti non bianchi, ad esempio diplomatici. Poiché i mondi della scienza, della tecnologia, delle arti e delle lettere hanno a che fare con valori universali, sono intrinsecamente cosmopoliti. Quindi un etnostato bianco potrebbe anche voler ospitare studenti, scienziati, studiosi e artisti da Paesi non bianchi per periodi di tempo variabili.

In entrambi i casi, tuttavia, un etnostato bianco dovrebbe assicurarsi che queste popolazioni si mantengano abbastanza piccole da poter essere gestite e segregate dal resto della società, in modo tale che sia possibile per qualsiasi cittadino che lo desidera evitare completamente di avere a che fare con allogeni. L’etnostato potrebbe quindi assicurare l’omogeneità razziale di fatto per ogni cittadino che la desidera. Inoltre, ogni non-bianco residente in questa società dovrebbe accettare e conformarsi alle norme di comportamento dei bianchi. Questo è l’esatto opposto del multiculturalismo odierno, in cui ci si aspetta che i bianchi abbandonino le proprie norme e pratiche ogniqualvolta gli allogeni lo richiedano.

Questo ci porta a una triplice distinzione:

Qualsiasi etnostato può ottenere una completa omogeneità razziale, purché sia disposto a pagarne il prezzo. Ma se una società non vuole spingersi tanto in là, può in ogni caso garantire spazi abitativi di fatto omogenei per tutti i cittadini che lo desiderano e può poi sostenere e applicare l’omogeneità normativa, ossia l’egemonia dei valori bianchi, sia per i bianchi che per i non-bianchi.

La completa omogeneità etnica, così come la completa omogeneità razziale, è possibile in via di principio, purché si sia disposti a pagarne il prezzo. Ma conseguire l’omogeneità etnica è molto più complicato che conseguire l’omogeneità razziale. In Europa si potrebbero semplicemente rimpatriare tutti i non-bianchi, rispedendoli nelle proprie terre ancestrali. Ma avremo ancora un’Europa in cui i confini politici raramente coincidono esattamente con i confini etnici. Si potrebbe rettificare la situazione dividendo gli Stati multinazionali e spostando le persone e i confini. Ma tutte queste soluzioni sono molto più dispendiose della rimozione degli intrusi non bianchi, semplicemente perché il costo ricadrebbe su altri bianchi come noi.

Noi crediamo che dividere su basi etniche gli Stati multinazionali – ad esempio Jugoslavia, Cecoslovacchia, Belgio, Spagna, Francia e Regno Unito – sia il modo migliore per risolvere i conflitti etnici e preservare la diversità etnica. Ci sono due modi per conseguire questo obiettivo: un modo facile e uno difficile, il divorzio consensuale tra cechi e slovacchi, e le guerre e la pulizia etnica dei Balcani.

Tuttavia, come hanno mostrato i referendum in Scozia e Catalogna, gli impulsi nazionalisti di molte persone vanno verso la preservazione dello Stato multinazionale, magari contro la secessione di popoli che essi disprezzano come arretrati, inferiori, di Sinistra e decadenti. Possiamo solo sperare che questi sentimenti vengano a scemare con la progressiva ascesa del pensiero etnonazionalista.

Immaginiamo allora un’Europa in cui le maggiori tensioni etniche siano state risolte con la secessione, la partizione e – dove necessario – lo scambio di popolazioni. Anche in un’Europa di questo tipo ci saranno lo stesso delle minoranze etniche: svedesi in Finlandia, ungheresi in Romania, polacchi in Lituania, ecc. Ci saranno anche europei che desiderano lavorare o studiare in altri Paesi europei, europei che sposano persone di altre nazioni, ed europei che potrebbero voler godersi la pensione in climi più miti. Inoltre, poiché la sventura può colpire qualsiasi società, il diritto internazionale dovrebbe richiedere a ogni Stato sovrano di prendere disposizioni in caso di rifugiati in fuga da disastri naturali, guerre e oppressione. Condizioni simili saranno applicabili nelle società coloniali europee, con la differenza che queste potrebbero avere anche delle popolazioni superstiti di aborigeni non bianchi.

Quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei confronti di persone di altre nazioni bianche?

Gli etnonazionalisti desiderano preservare le distinte culture e i distinti tipi sottorazziali europei, che è in fondo il motivo per cui occorrono delle Patrie distinte. Non vogliamo vedere l’emergere di un uomo europeo omogeneo o di una monocultura bianca. Di conseguenza, le politiche nei confronti di altre nazioni bianche devono tenere conto di questo obiettivo.

L’obiettivo della preservazione di nazioni distinte impone quanto segue.

Nessuna società bianca dovrà accogliere ampi gruppi di lavoratori stranieri da altre società bianche, o creare condizioni tali da spingere un’ampia percentuale del proprio popolo a cercare lavoro all’estero.

Si dovrà limitare l’immigrazione tra società bianche. Praticamente tutti i casi dovrebbero essere dovuti a matrimoni. Il processo di naturalizzazione dovrà rigidamente imporre l’omogeneità, ovvero l’assimilazione della lingua e della cultura dominante da parte degli immigrati e in particolare dei loro figli. È possibile per un europeo diventare parte di un’altra nazione europea e anche se egli non dovesse essere in grado di assimilarsi del tutto, certamente lo saranno i suoi figli.

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Si dovrà permettere alle minoranze etniche di mantenere la propria lingua e cultura. Non dovrà esserci un’assimilazione forzata, come vi fu invece sotto i vari regimi nazionalisti del passato, poiché questo non fa che alimentare il conflitto. Allo stesso modo, le minoranze alimentano il risentimento quando si rifiutano di imparare la lingua dominante e richiedono che lo Stato le accontenti con la creazione del bilinguismo. Di nuovo, il principio dovrà essere l’imposizione dell’omogeneità culturale, nel senso che i forestieri dovranno conformarsi alla lingua e ai costumi locali. Se trovano la cosa oppressiva, possono sempre tornare nella propria Patria.

Gli espatriati da altre nazioni bianche potranno restare, in numero limitato, purché rispettino la cultura dominante, e purché gli autoctoni non siano costretti a interagire con loro.

Nessuna nazione può semplicemente cacciare i rifugiati, perché un giorno il suo stesso popolo potrebbe trovarsi nella condizione di dover richiedere asilo in altre terre. Ma le nazioni bianche non sono affatto obbligate ad accogliere rifugiati non bianchi, che possono invece andare in altri Paesi non bianchi. I rifugiati bianchi, tuttavia, dovranno essere accolti e aiutati fino a quando sarà possibile per loro tornare nelle proprie Patrie. Nel caso di rifugiati che non hanno una Patria alla quale tornare, come i rodesiani o i sudafricani bianchi, si dovrà offrire loro l’opzione di assimilarsi alla cultura dominante o diventare una minoranza etnica.

Quanto a turisti, persone che viaggiano per lavoro, diplomatici, studenti, studiosi, artisti e scienziati di Paesi bianchi, essi saranno soggetti alle stesse politiche che valgono per quelli di Paesi bianchi. I loro numeri dovranno essere limitati, dovranno rispettare la cultura dominante e gli autoctoni dovranno essere del tutto liberi di evitarli se così desiderano.

Per mantenere la propria specificità razziale, gli etnostati dovranno avere leggi contro il meticciato. Ovviamente queste sono più importanti in società coloniali con popolazioni non bianche superstiti, ma dovrebbero lo stesso esistere in ogni società bianca, per evitare che le persone provino a portarsi a casa un coniuge non bianco.

La maggiore obiezione a questi compromessi per quanto riguarda la nostra omogeneità razziale ed etnica è che rischiano di portarci sulla strada del nazionalismo civico o liberale. Ma questa è una fallacia. I nazionalisti liberali ritengono che persone di razze e culture diverse possano diventare parte della stessa società con una professione di fede civica e un giuramento. Una concezione di identità davvero molto tenue.

Gli etnonazionalisti hanno un senso di identità molto più forte, basato sia sulla parentela genetica che sull’inculturazione. Il marcatore culturale primario che distingue un gruppo etnico da un altro è la lingua. È difficile acquisire un’ottima padronanza di una lingua starniera, che in ogni caso non potrà mai sostituire la propria lingua madre.

I nazionalisti liberali credono sia facile diventare membri di un’altra società. Gli etnonazionalisti credono che sia difficile, se non impossibile. È impossibile per i non-bianchi diventare membri di società bianche. È difficile per i bianchi diventare membri di altre società bianche. È più facile, ovviamente, se un immigrato e la sua nuova terra condividono la stessa lingua e cultura di base – questo è il caso, ad esempio, tra Paesi anglofoni. Ma tanto maggiori sono le differenze linguistiche e culturali, tanto più difficile risulterà assimilarsi, al punto che una piena assimilazione a volte è solo possibile per i figli degli immigrati, che dovrebbero crescere parlando la lingua dominante come la propria lingua madre.

Gli etnonazionalisti non solo ritengono che l’assimilazione culturale sia difficile, ma vi insistono solo con gli immigrati. Nel caso di visitatori e residenti temporanei, siano essi bianchi o meno, così come nel caso di minoranze all’interno dei confini nazionali, gli etnonazionalisti non vogliono l’assimilazione e non la incoraggiano. Piuttosto, vogliono che gruppi diversi mantengano le proprie identità culturali e che semplicemente si adattino alla cultura dominante, rispettando le sue norme e parlando la lingua dominante nella sfera pubblica. Ovviamente, ai viaggiatori e ai residenti temporanei verranno fatte delle concessioni a riguardo, ma si dovranno avere aspettative più alte nei confronti dei residenti permanenti. In un Paese non tutti saranno cittadini (dove la cittadinanza coincide con l’omogeneità in senso stretto), ma tutti saranno tenuti a rispettare le sue leggi e la sua cultura, che è poi ciò che significa omogeneità normativa.

Si potrebbe obiettare: l’omogeneità normativa non è forse una forma di sciovinismo o suprematismo culturale? No, non significa necessariamente sciovinismo, perché lo sciovinismo è una convinzione di superiorità. Noi non insistiamo affinché gli stranieri parlino la nostra lingua e si adattino ai nostri costumi perché riteniamo che questi siano superiori. Non vi insistiamo semplicemente perché sono nostri, e siamo noi a dettare le regole nella nostra Patria, così come dettiamo alle regole nelle nostre case. Quanto al suprematismo, c’è qualcuno in grado di spiegare perché la nostra lingua, la nostra cultura e le nostre norme non dovrebbero essere supreme nelle nostre terre?

Si potrebbe anche obiettare: l’idea dell’omogeneità di fatto non è forse un’altra versione della comunità recintata, dove la gente scappa dalla diversità per godersi la vita tra i propri simili? Si può senz’altro associare l’etnostato all’idea di comunità recintata, ma non c’è nulla di male in questo. Prima di tutto, dobbiamo capire bene che cos’è una comunità recintata. Anche nelle comunità recintate ci sono estranei che vanno e vengono: visitatori, fattorini, venditori, ecc. Ma essi devono seguire le regole del posto, e non posso entrare in case private senza permesso. Così i residenti non sono costretti ad averci a che fare se non lo vogliono. Un’etnostato normativamente omogeneo funziona esattamente allo stesso modo: gli estranei vanno e vengono, ma solo se hanno il permesso di farlo; devono obbedire le regole del posto; e i residenti non sono costretti ad averci a che fare se non lo vogliono. Così in un etnostato, anche se ci possono essere degli stranieri, i cittadini vengono al primo posto, e c’è un impegno a permettere loro di vivere senza avere alcun contatto con gli stranieri, se così desiderano. È questo che significa avere un’omogeneità razziale ed etnica di fatto all’interno di una società etnicamente definita.

A molti l’idea di completa omogeneità razziale ed etnica potrà sembrare un’utopia. Come vedremo nel capitolo seguente, questo è falso. Ad altri potrà sembrare un’idea estremista, spaventosa e poco generosa. Questo è certamente vero. Ma la paura che ci motiva è la prospettiva dell’estinzione razziale e culturale – una paura che, come abbiamo visto sopra, è del tutto ragionevole. Una razza minacciata dall’estinzione non può permettersi sentimentalità, moderazione e mezze misure.

Come minimo, la sopravvivenza della nostra razza ci impone di porre fine alla competizione economica, al potere politico dei non-bianchi e alla promozione del matrimonio misto nelle terre bianche. Il modo migliore per conseguire tutto ciò è una completa separazione. La creazione di una completa omogeneità etnica nelle nazioni bianche è una questione molto meno urgente. Il prezzo della mancata creazione di Patrie bianche è l’estinzione e paragonato a questa prospettiva, ciò che potremmo perdere portando le cose all’estremo è di ben poco conto. Quello che voci critiche chiameranno portare le cose all’estremo non è altro, per i nazionalisti bianchi, che peccare per eccesso di cautela.

Tuttavia, una volta che noi bianchi sentiamo di avere di nuovo un futuro, potremo assumerci il rischio di accettare società che non sono pienamente omogenee; ma dovremo essere noi a dettare i termini di queste società, nel senso che dovremo sempre insistere sull’omogeneità normativa e di fatto, che creerà lo stesso un livello di mutua comprensione, comunità e appartenenza che va ben oltre quello di cui i bianchi possono godere oggi.

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